APPROFONDIMENTO IMID: Patologie infiammatorie immunomediate

1. Introduzione – Panoramica delle patologie

Le malattie infiammatorie immunomediate (IMID) sono delle patologie complesse del sistema immunitario che, se non curate in modo corretto, possono esporre al rischio di danni permanenti.

  • L’artrite reumatoide (AR) è caratterizzata da un’infiammazione cronica delle articolazioni che porta ad un danno cartilagineo, erosione ossea e disabilità;
  • La spondiloartrite assiale (axSpA), che può essere classificata come spondiloartrite assiale non-radiografica (nr-axSpA) o spondilite anchilosante (AS), descrive uno spettro di artriti infiammatorie croniche caratterizzate da mal di schiena, rigidità mattutina e progressiva riduzione della mobilità della colonna vertebrale.
  • La psoriasi a placche (PsO) è una patologia infiammatoria della pelle che solitamente colpisce le ginocchia, i gomiti, la fascia lombare, il viso, i piedi ed il cuoio capelluto.
  • L’artrite psoriasica (PsA) è una patologia infiammatoria delle articolazioni che può insorgere nei pazienti affetti da PsO (psoriasi a placche); può colpire qualsiasi articolazione ma colpisce più comunemente quelle delle mani e dei piedi.
  • Il morbo di Crohn (MC) causa l’infiammazione di una qualsiasi porzione dell’apparato digerente, dalla bocca all’ano.
  • La colite ulcerosa (CU) provoca l’infiammazione dell’apparato digerente e ha tipicamente inizio nel retto per poi estendersi attraverso il colon.
  • L'uveite è caratterizzata dall’infiammazione a carico dell’uvea, lo strato pigmentato dell’occhio.

Gli studi epidemiologici suggeriscono una considerevole variazione dell’incidenza e della prevalenza delle IMID nelle diverse popolazioni; la loro prevalenza nei paesi occidentali si stima intorno al 5-7% della popolazione ed è stato dimostrato che cambi in base a diversi fattori quali l’ubicazione geografica, il sesso e l’etnia (El-Gabalawy, Guenther e Bernstein 2010). I dati epidemiologici suggeriscono inoltre che le IMID come il morbo di Crohn e la psoriasi sono in preoccupante crescita nella popolazione pediatrica (PHAVICHITR, CAMERON e CATTO-SMITH 2003) (Tollefson, et al. 2010). La maggior parte dei pazienti che soffre di una malattia infiammatoria immunomediata ha una qualità della vita (QOL) significativamente minore se paragonata a quella della popolazione generale. Nei bambini affetti da IMID, la qualità della vita riferita alla salute (HRQoL) può essere influenzata non solo dai sintomi della malattia ma anche dalle terapie che i bambini devono assumere e che assorbono molto del loro tempo, così che molti aspetti della vita di tutti i giorni come l’attività fisica, le interazioni sociali e le funzionalità psicologiche vengono colpiti (DUFFY, et al. 2011).


2. Artrite Reumatoide (AR)

L’Artrite Reumatoide è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce principalmente le articolazioni. È caratterizzata da un’infiammazione articolare persistente che porta a danno cartilagineo, all’erosione ossea, alla disabilità e – infine – a complicazioni sistemiche che includono anomalie cardiovascolari e polmonari (Picerno, et al. 2015) (McInnes e Schett 2011).

L’insorgenza dell’AR avviene solitamente durante la mezza età, con un aumento dell’incidenza col progredire dell’età. La malattia può comunque essere diagnosticata anche in tarda adolescenza e nei giovani adulti (Rheumatoid Arthritis | NIAMS).
L’AR colpisce tra lo 0,2% e l’1,2% della popolazione mondiale a partire dai 16 anni di età circa (Gibofsky 2012) (Silman e Pearson 2002) (Helmick, et al. 2008) (Aletaha, et al. 2010) (Carmona, et al. 2010). Alcuni studi di prevalenza nei Paesi Bassi ed in Germania riportano dati leggermente più alti. L’incidenza riportata a livello mondiale è compresa in un range tra i 20 e i 50 soggetti/100.000.

La patologia si sviluppa più comunemente nelle donne al di sopra dei 40 anni (Carmona, et al. 2010) e la prevalenza tende ad essere considerevolmente più alta nelle donne che negli uomini.

Nonostante l’AR sia prevalentemente una patologia articolare, alcuni pazienti sviluppano sintomi extra-articolari quali una diffusa infiammazione a livello polmonare, del pericardio, della pleura, della sclera e possono anche andare incontro a lesioni nodulari in diverse parti del corpo, spesso in aree soggette a lesioni. Comunque, la maggior parte dei pazienti prova dolore, presenta infiammazione e gonfiore alle dita e ai polsi, con un'alta prevalenza di sintomi e invalidità che colpiscono le mani dopo 2 anni di malattia (Hoeksma, et al. 2010). Considerata la variabilità dei sintomi, i soggetti affetti da AR tendono ad individuare il dolore come il sintomo che causa loro le difficoltà maggiori (NCC-CC 2009). In molti casi i sintomi sono cronici e spesso durano per tutta la vita. Per alcuni soggetti i sintomi della patologia sono continuativi, mentre altri pazienti lamentano periodi con bassa attività di malattia intervallati da periodi con elevata attività di malattia (flares) (Rheumatoid Arthritis | NIAMS).

L’andamento dell’artrite reumatoide è variabile, ma i pazienti generalmente vanno incontro ad una lieve disabilità entro 2 anni dalla diagnosi e il 30% sviluppa una disabilità grave dopo 10 anni.

Molti pazienti che vanno incontro ad un esteso danno articolare necessitano di un intervento chirurgico quale il trapianto di ginocchio o di anca. Circa un terzo dei pazienti è costretto a smettere di lavorare entro i 2 anni dall’insorgenza della malattia, proprio a causa della sua progressione. La disabilità è meno probabile se l’AR viene diagnosticata precocemente e trattata con terapie efficaci (NCC-CC 2009).


3. Spondiloartriti assiali (AxSpA)

La spondiloartrite assiale (AxSpA) è una forma di artrite cronica infiammatoria. È caratterizzata da mal di schiena, rigidità mattutina, progressiva riduzione della mobilità della colonna vertebrale e dal coinvolgimento delle articolazioni e dell’entesi degli arti inferiori (Braun e Sieper 2007). La AxSpA può essere classificata sia come spondilite anchilosante (AS) - se il paziente presenta sacroileite - sia come spondiloartrite assiale non-radiografica (nr-AxSpA) (Raychaudhuri e Deodhar 2014) (Rudwaleit, et al. 2009). In molti pazienti l’AxSpA ha un decorso progressivo, anche se non tutti i pazienti affetti da nr-AxSpA sviluppano poi l’AS. Il passaggio da nr-AxSpA a AS avviene in circa il 12% dei pazienti dopo 2 anni dall’insorgenza. (Poddubnyy e Sieper 2012).

La prevalenza dell’AS è di 0,1-2,0% nella popolazione generale (Dean, et al. 2014) (Gran e Husby 1993) (NICE, 2013). L’AS è più comune in Europa (0,24%) e in Asia (0,17%) rispetto all’America Latina (0,1%) (Dean, et al. 2014). Il legame tra l’AS ed il genotipo HLA-B27 vale per tutte le popolazioni: la prevalenza dell’AS è più bassa lì dove vi è una bassa frequenza di HLA-B27 (Robinson e Brown 2014) (Zambrano-Zaragoza, et al. 2013) (Gran e Husby 1993). Il picco di insorgenza dell’AS è tra i 20 e i 30 anni di età (Sieper, et al. 2002); l’AS viene diagnosticata più spesso negli uomini che nelle donne (ratio 3:1), che invece tendono a sviluppare una forma più lieve o subclinica (NICE, 2013).

I pazienti con AS oppure con nr-AxSpA mostrano i primi sintomi tipicamente intorno ai 40-45 anni di età ed i sintomi perdurano tutta la vita (Rudwaleit, et al. 2009) (Ankylosing Spondylitis|NIAMS) (Baraliakos e Braun 2015) (Slobodin e Eshed 2015). Il dolore e la rigidità lombare della durata di almeno 3 mesi è il sintomo che può rappresentare un criterio di diagnosi di AxSpA (Raychaudhuri e Deodhar 2014). Circa 4 soggetti affetti da AS su 10 avranno – prima o poi – una limitazione piuttosto severa dei movimenti della colonna vertebrale (Ankylosing Spondylitis - NHS), mentre i pazienti con nr-AxSpA hanno meno probabilità di incorrere in una compromissione del movimento e della funzionalità che si osserva nei pazienti AS. (Baraliakos e Braun, 2015).

Nella sua forma più severa, l’infiammazione che caratterizza la AS può causare la fusione di due o più ossa della colonna vertebrale; questo può portare ad un irrigidimento della gabbia toracica, una riduzione della capacità e della funzionalità polmonare (Ankylosing Spondylitis|NIAMS). L’infiammazione ed il gonfiore delle articolazioni della colonna sono i sintomi primari dell’AxSPA che riducono la qualità della vita (HRQoL). Questi sintomi colpiscono anche le articolazioni periferiche quali quelle delle anche e delle ginocchia. L’effetto complessivo è un lento calo della mobilità, proprio perché le articolazioni si irrigidiscono, così che anche un semplice movimento o uno sforzo di lieve entità può risultare estremamente doloroso.


4. Psoriasi a placche (PsO)

Tra le principali forme di psoriasi, la forma in placche è la più comune manifestazione clinica della psoriasi (90% di tutti i casi). È una patologia cronica infiammatoria che colpisce la pelle, caratterizzata da placche papulo-squamose (macchie rosse in rilievo) ben delineate e ricoperte da uno strato bianco-argenteo di cellule cutanee morte o squame (Griffiths e Barker 2007). Le placche sono più comunemente presenti nella parte esterna del ginocchio e nei gomiti, sul cuoio capelluto, nella fascia lombare della schiena, sul viso, sui palmi delle mani e dei piedi. (Psoriasis |NIAMS).

Anche se la PsO può insorgere a qualsiasi età, i dati epidemiologici riportano che colpisce principalmente gli adulti, uomini e donne con egual frequenza (Psoriasis |NIAMS). Si stima che la psoriasi colpisca tra il 2% ed il 3% della popolazione mondiale e che al momento vi siano 125 milioni di soggetti che ne sono affetti (International Federation of Psoriasis Associations) (World Health Organization, 2013). I dati di prevalenza e incidenza variano largamente da regione e regione: nel regno Unito si stima una prevalenza tra gli adulti compresa in un range tra lo 0,73% e l’1,3%; in Norvegia invece la stima riportata è di 8,5% (Parisi, et al. 2013); In Italia del 2,9% (Italia) (Saraceno, Mannheimer e Chimenti 2008). L’incidenza varia in un range tra i 120/100.000 nei Paesi Bassi e 321/100.000 in Italia (Donker, et al. 1998) (Vena, et al. 2010).

I fattori genetici ed immunologici sembrano svolgere un ruolo primario nell’insorgere della patologia (Wolkenstein, et al. 2009) (Gelfand, et al. 2005). Studi di popolazione dimostrano che l’incidenza della PsO è maggiore nei parenti di primo e secondo grado dei pazienti, rispetto alla popolazione generale (Farber, Nall e Watson 1974): circa il 30% degli individui affetti da PsO ha anche un parente affetto dalla malattia (https://www.psoriasis-association.org.uk/psoriasis-and-treatments/default.aspx).

Numerose analisi genome-wide hanno riportato, in famiglie estese o di piccolo nucleo, la presenza di numerosi loci cromosomici e polimorfismi genici collegati alla malattia (Griffiths e Barker 2007).

La PsO è associata ad un’elevata morbilità (Neimann, Porter e Gelfand 2006); i soggetti affetti possono andare incontro a significativi problemi fisici e disabilità. Eccessivo prurito e dolore possono ostacolare alcune attività di base, come la cura della persona, camminare, dormire ma riducono di molto la qualità della vita riferita alla salute (HRQoL) (Psoriasis |NIAMS). La psoriasi è anche associata a disturbi psicologici e depressione, dovuti all’effetto della malattia sull’aspetto fisico (Koo 1996) (Psoriasis – Living with – NHS). Uno studio che ha valutato gli effetti della psoriasi sulla qualità della vita (HRQoL) ha dimostrato che gli individui affetti da tale patologia manifestano cali della funzionalità fisica e del benessere mentale simili a quelli sperimentati dai soggetti colpiti da cancro, malattie cardiache o diabete (Rapp, et al. 1999). L’artrite psoriasica, che causa disabilità muscolo-scheletrica, colpisce il 6-10% dei pazienti con psoriasi (Neimann, Porter e Gelfand 2006). La psoriasi severa si associa ad un aumento della mortalità e ad una riduzione dell’aspettativa di vita di circa 4 anni e ciò è largamente dovuto all’aumento del rischio cardiovascolare (Boehncke, Boehncke e Schön 2010).


5. Artrite psoriasica (PsA): malattia infiammatoria cronica articolare associata alla psoriasi

La PsA è una malattia infiammatoria delle articolazioni che si sviluppa nel 40% dei pazienti affetti da psoriasi dopo circa 7-12 anni dalla comparsa del sintomo cutaneo (Mease e Armstrong 2014). La PsA può colpire qualsiasi articolazione, ma più comunemente colpisce le articolazioni interfalangee distali (Fredriksson e Pettersson 1978). Il range di prevalenza della PsA nella popolazione generale è di circa 0.01- 0.67%. Uno studio Italiano rileva una prevalenza dello 0.42 %. La PsA può precedere la psoriasi nel 10%–15% dei casi. L’ esordio di psoriasi e PsA può essere concomitante nel 10-15% dei casi. (Gladman, 2006) (Rachakonda, Schupp e Armstrong, 2014)(WHO, Psoriasis. 2013) (Mease e Armstrong, 2014) (Tinazzi, et al. 2012).

Le cause della PsA non sono note ma una combinazione di genetica, ambiente e fattori immunologici rappresenta la chiave per lo sviluppo e la progressione della malattia. Analogamente alla PsO, i fattori genetici giocano un ruolo importante nella suscettibilità alla malattia e si pensa che sia coinvolta una gran varietà di geni (Psoriatic Arthritis |NIAMS). Vi è una forte correlazione con gli alleli HLA-B rispetto alla dominanza di HLA-C osservata nella psoriasi (Nair, et al. 2006) (Eder, et al. 2012).

Diverse caratteristiche cliniche che coinvolgono le articolazioni sono utili per distinguere la PsA dalla RA (Gladman, Antoni et al. 2005). Il coinvolgimento asimmetrico delle articolazioni con anche interessamento assiale, il grado di eritema sopra le articolazioni colpite, la presenza di entesite ed un più basso livello di indolenzimento rispetto a quanto si osserva nella RA, rappresentano dei tipici segni della PsA (Gladman 2006). La PsA si manifesta più comunemente tra i 30 ed i 50 anni di età; tipicamente i sintomi a carico della cute precedono l’artrite, talvolta di molti anni. I pazienti con la PsA vanno incontro a sintomi muscolo-scheletrici che possono includere dolore articolare e gonfiore, rigidità mattutina, una riduzione dell’ampiezza dei movimenti articolari ed infiammazione della colonna vertebrale (spondilite), causando dolore e rigidità nel collo e nella fascia lombare della schiena (Psoriatic Arthritis |NIAMS). I soggetti affetti presentano anche molti dei sintomi della psoriasi, tra cui le le lesioni cutanee (Gladman, Antoni, et al. 2005). I sintomi cutanei possono includere anche le lesioni a carattere puntiforme, definite pitting, che possono interessare una o più unghie, con delle linee trasversali. Spesso è assente la cuticola e vi possono essere delle linee dette a macchia d'olio o color salmone, che sono delle vere e proprie localizzazioni di psoriasi a livello del letto ungueale, che possono poi dare origine anche a un'onicodistrofia della lamina. (Psoriatic Arthritis |NIAMS).


6. La Malattia di Crohn

IBD (Inflammatory Bowel Disease) è un termine che viene utilizzato per descrivere quelle condizioni che implicano l’infiammazione di una porzione o di tutto l’apparato digerente. Il Morbo di Crohn (MC) e la Colite Ulcerosa (CU) sono due delle principali forme di IBD. Anche se la MC e la CU condividono alcune caratteristiche, sono due patologie distinte. La differenza principale tra la MC e la CU è l’interessamento del tratto dell’apparato digerente: la MC può presentarsi in qualsiasi porzione dell’apparato digerente, dalla bocca all’ano, anche se è più probabile che si sviluppi nel colon o nell’ileo; la UC, invece, colpisce solo il colon ed il retto (Ordás, et al. 2012) (Feldman, Wolfson e Barkin 2007). La malattia di Crohn è caratterizzata da infiammazione e, in alcuni casi, dall’ulcerazione dell’apparato digerente.

La patogenesi è dovuta all’interazione tra la genetica, l’ambiente e i fattori immuno-infiammatori. Si pensa che i fattori genetici abbiano un ruolo più rilevante nella malattia di Crohn che nella colite ulcerosa (Halme, et al. 2006). L’ipotesi più accreditata per la patogenesi del MC è che nei soggetti suscettibili la malattia può insorgere in seguito ad un’interruzione della regolazione della risposta immunitaria da parte della mucosa nei confronti dei batteri ospiti. La natura della risposta immunitaria e la produzione di specifiche citochine sono sotto controllo genetico e determinano le caratteristiche del processo infiammatorio (Ardizzone e Bianchi-Porro 2002).

Il processo infiammatorio ha inizio a livello della mucosa e può progredire fino a interessare l’intero spessore della parete del colon, tipicamente con una distribuzione a chiazze con normale mucosa interposta (Feldman, Wolfson e Barkin 2007). La MC talvolta è caratterizzata anche da manifestazioni infiammatorie extra-intestinali e, in particolar modo possono essere colpite le articolazioni, gli occhi, la cute (Yazısız 2014) o il fegato (Levine e Burakoff 2011). La MC è una patologia cronica che colpisce i bambini e gli adulti di ogni età. È più comune nelle persone giovani (picco dell’insorgenza tra i 15 ed i 40 anni di età); in ogni caso, il 15% dei soggetti affetti ha più di 60 anni quando gli viene diagnosticata la malattia (Carter, et al. 2004). L’incidenza della malattia di Crohn in Europa è stimata in un range tra 0,5 e 10,6 casi ogni 100.000 persone/anno (Burisch, et al. 2013). La prevalenza della MC in Europa raggiunge lo 0,3% (Molodecky, et al. 2012) ma è più probabile che sia intorno allo 0,15% (Rubin, et al. 2000) (Jacobsen, et al. 2006). Nella MC la manifestazione dei sintomi di malattia varia molto in termini di tipologia e severità e ciò dipende in parte dal sito di infiammazione. I sintomi tipici includono diarrea (con o senza sanguinamento), dolore addominale, perdita di peso, affaticamento, febbre (Yazısız 2014).

Le riacutizzazioni compaiono in modo repentino e possono essere dolorose, sgradevoli e scomode, limitando le attività di tutti i giorni. Solo il 75% dei pazienti con la malattia di Crohn riesce a lavorare a pieno regime nell’anno della diagnosi di malattia ed il 15% dei pazienti non è in grado di lavorare dopo 5-10 anni di malattia (Carter, et al. 2004).

Nei soggetti più giovani la malattia può intaccare il benessere mentale e ciò può danneggiare l’immagine che i soggetti hanno di sé e portare ad ansia e imbarazzo. In uno studio sulla qualità della vita (HRQoL) su pazienti con MC, tale parametro è stato misurato con il SF-36 (The Short Form (36) Health Survey - Questionario sullo stato di salute) ed è risultato più basso nei pazienti con MC rispetto alla popolazione generale (Blondel-Kucharski, et al. 2001).

Complicazioni della malattia includono stenosi e fistole; quest’ultime sono presenti in un terzo dei pazienti (Feldman, Wolfson e Barkin 2007). La maggior parte dei pazienti (70-80%) con questa patologia richiede un intervento chirurgico (Carter, et al. 2004). La chirurgia nella MC non è curativa e può portare a complicazioni come l’impotenza o l’insufficienza intestinale.


7. Colite Ulcerosa

La colite ulcerosa, come la malattia di Crohn, provoca un’infiammazione dell’apparato digerente. Comunque, diversamente dalla malattia di Crohn, la CU tipicamente ha inizio nel retto e si estende attraverso una porzione o per tutta la lunghezza del colon. Alcuni pazienti con la proctite (infiammazione del rivestimento del colon) o affetti da colite distale, possono avere un cecal patch, ovvero di un coinvolgimento infiammatorio di una piccola parte del cieco.

L’infiammazione è tipicamente ristretta alla superficie mucosale (Ordás, et al. 2012) e le ulcere possono svilupparsi nel rivestimento del colon (Ulcerative colitis - NHS). Le manifestazioni extra-intestinali possono interessare le articolazioni, gli occhi, la cute o il fegato (Levine e Burakoff 2011) (Silva, et al. 2014). La CU è una condizione cronica che può svilupparsi ad ogni età e tipicamente si manifesta durante la tarda adolescenza o all’inizio dell’età adulta (15-40 anni di età), con un secondo picco di incidenza tra i 50 e gli 80 anni di età (Langan, et al. 2007). L’incidenza è più alta nel Nord Europa rispetto al Sud Europa (Shivananda, et al. 1996); uno studio svoltosi in Danimarca ha riportato un’incidenza di 13 su 100.000 (Vind, et al. 2006). La CU è leggermente più comune negli uomini rispetto alle donne (Loftus 2004).

I nuovi casi sono tipicamente sottesi a un picco nella quarta decade, tuttavia negli uomini è anche comune un’insorgenza più tardiva (Loftus e Sandborn 2002).

A causa della natura permanente di questa malattia, della gravità dei suoi sintomi e della probabilità di recidive, la CU è associata ad una significativa morbilità. I sintomi dipendono largamente dall’estensione e dalla severità della malattia e includono la diarrea emorragica, sanguinamento del retto, dolore addominale, urgenza fecale, perdita di peso, affaticamento e malessere. Una piccola quota di pazienti va incontro a complicazioni severe quali il megacolon tossico, la perforazione dell’intestino ed emorragie massive. La chirurgia (es. colectomia, protocolectomia) gioca un ruolo importante nella gestione della CU e, a differenza di quanto accade nei pazienti affetti da malattia di Crohn, è curativa. La chirurgia viene tipicamente rivolta a quei pazienti che hanno una malattia resistente al trattamento con medicinali, che hanno avuto gravi complicazioni o sviluppato un cancro (Dignass, et al. 2012).

Durante lo sviluppo di una fase acuta, i pazienti possono trovarsi ad essere confinati in casa, vista la necessità di utilizzare con frequenza il bagno (diarrea e urgenza a defecare) e ciò impatta sulle loro abilità lavorative o scolastiche. Oltre all’impatto sul fisico, la CU colpisce in modo negativo la socialità ed il benessere psicologico dei pazienti.

Nonostante queste severe manifestazioni, i pazienti con la colite ulcerosa non hanno un aumento del rischio di mortalità in confronto alla popolazione sana (Carter, et al. 2004).


8. Uveite

L'uveite è caratterizzata dall'infiammazione dell'uvea, la parte pigmentata dell'occhio che è anatomicamente suddivisa in iride, coroide e corpo ciliare. L'uveite può essere classificata in quattro tipologie in base alle strutture oculari interessate: uveite anteriore (infiammazione della camera anteriore), uveite intermedia (infiammazione del vitreo), uveite posteriore (infiammazione della coroide o della retina) e panuveite (infiammazione di tutte e tre le porzioni dell'uvea). L'uveite anteriore è, tra le varie forme, quella più diffusa, contando fino al 92% dei casi (Tsirouki, 2016). L'uveite può essere ulteriormente classificata in base all'insorgenza (improvvisa o “insidiosa”), alla durata (limitata o persistente) e al decorso (acuta, ricorrente o cronica) (Balevic, 2016).

L'uveite può insorgere a qualsiasi età, ma colpisce più frequentemente la popolazione di età compresa tra i 20 e i 59 anni (Pasadhika, 2014): l'esordio si verifica in genere prima dei 40 anni (Barisani-Asenbauer, 2012), sebbene nel 90% dei casi si verifichi dopo i 20 anni (Islam, 2010).

Non esiste una chiara predominanza legata al genere (Llorenc, 2015): la condizione tende a manifestarsi nei maschi e nelle femmine con ugual frequenza (Pasadhika, 2014)

La prevalenza globale di uveite è stata stimata allo 0,04%, il che ne permette la classificazione di malattia rara (Barisani-Asenbauer, 2012), sebbene i dati di singoli studi in Europa abbiano indicato tassi leggermente più alti, come lo 0,14% in Spagna (Llorenc, 2015). Sono stati riportati tassi di incidenza pari a 11-23 su 100.000 pazienti/anno [(Paivonsalo-Hietanen, 1997), (Mercanti, 2001), (Tran, 1994)], sebbene nello studio spagnolo sia stato identificato un tasso più elevato (52 su 100.000 pazienti/anno (Llorenc, 2015). Sebbene i tassi spagnoli appaiano insolitamente alti, sono comparabili con i dati di incidenza e prevalenza dagli Stati Uniti (rispettivamente 52 su 100000 pazienti/anno e 0,12%, [228]). Le variazioni tra paesi possono riflettere l'importanza di fattori genetici nell'eziologia dell'uveite (Islam, 2010).

L'uveite può essere causata da infezioni, malattie autoimmuni o anche, più raramente, da traumi agli occhi; fino al 50% dei casi è di natura idiopatica. Le eziologie infettive più comuni di uveite comprendono il virus herpes simplex, il virus varicella zoster, il citomegalovirus, la sifilide, la tubercolosi, la toxoplasmosi, la toxocariasi e la candidosi (Mustafa, 2014). Le cause di uveite correlate a forme autoimmuni includono manifestazioni artritiche come la spondilite, l’artrite reumatoide, l’artrite idiopatica giovanile, l’artrite reattiva e PsA e manifestazioni non artritiche, come la malattia di Behçet, le sarcoidosi, la malattia di Crohn, la colite ulcerosa, la sclerosi multipla, la sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada e il lupus eritematoso sistemico. Potrebbe esserci anche una componente ereditaria dell'uveite. Fino al 50% dei pazienti con uveite è positivo per l'antigene HLA-B27 (Barisani-Asenbauer, 2012).

Se l’uveite è causata da malattie autoimmuni, i mediatori chimici possono provocare dilatazione vascolare, aumento della permeabilità vascolare e infiltrazione di cellule infiammatorie nell'occhio (Pasadhika, 2014). Questo tipo di uveite è principalmente mediata dalle cellule Th1 CD4+ e nei pazienti con uveite sono state rilevate cellule T attivate; l'attivazione delle cellule T aumenta la produzione di citochine pro-infiammatorie come IL-2, IFN-γ e TNFα (Balevic, 2016) e livelli aumentati di citochine pro-infiammatorie sono stati rilevati nell'umor acqueo di pazienti con uveite (Curnow, 2005).

La diagnosi dell’uveite non è semplice a causa delle diverse eziopatogenesi. È fondamentale differenziare l'uveite causata da un agente infettivo dall'uveite autoimmune perché richiedono trattamenti differenti (Teoh, 2013). Se non viene trattata in modo appropriato e tempestivo, l'uveite può portare a una perdita irreversibile della vista: fino al 35% dei pazienti con uveite presenta cecità o compromissione della vista in almeno un occhio (Rothova, 1996).

I pazienti con uveite di solito presentano un arrossamento dell’occhio accompagnato da dolore e riduzione della vista (Mustafa, 2014). Il rossore e il dolore agli occhi sono fenomeni generalmente osservati negli occhi che hanno un'infiammazione anteriore acuta, ma potrebbero non essere evidenti negli occhi infiammati cronicamente o in quelli con uveite posteriore, in cui l'infiammazione è confinata alla sezione posteriore dell'uvea (Pasadhika, 2014). Si può anche manifestare costrizione pupillare, fotofobia e lacrimazione. L'esame con lampada a fessura può rivelare cellule (le singole cellule infiammatorie) e "flare” (l'aspetto nebbioso dato dalle proteine che sono extravasate dai vasi sanguigni infiammati) nella camera anteriore. La superficie interna della cornea può essere macchiata di precipitati cheratici che possono essere fini (granulari) o globulari (granulomatosi). I precipitati granulomatosi cheratici sono meno comuni dei precipitati granulari e si verificano più frequentemente nell'uveite associata a sifilide o tubercolosi (Mustafa, 2014).

A causa del gran numero di cause sottendenti i casi di uveite, la diagnosi comprende spesso un gruppo di test di screening che includono uno screen autoimmune e infettivo. Ulteriori indagini con esami del sangue, imaging, diagnosi molecolare di campioni acquosi o vitrei o biopsia possono risultare utili per la diagnosi, a seconda della presentazione clinica della malattia (Teoh, 2013).


Bibliografia

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